Turchia, ma anche Europa

Turchia, ma anche Europa

A Maggio sono stato in Turchia. Ci vado regolarmente almeno una volta all’anno.

C’erano le elezioni e speravo in un cambiamento che purtroppo non c’è stato. Va però detto che la mia era solo una pia speranza, perché come sempre da quando Erdogan è al potere, si è arrivati alle elezioni in una situazione in cui il candidato dell’opposizione non poteva vincere. Gli va quindi dato il merito di essere riuscito almeno a costringere il presidente in carica al ballottaggio.

L’opposizione in Turchia non può prevalere alle elezioni per la semplice ragione che la “democrazia alla turca” in realtà è una dittatura. I media sono nelle mani del presidente, figure importanti dell’opposizione e della società civile sono in prigione, spesso senza processo, anche tanti giornalisti sono in dietro le sbarre, il partito che rappresenta la minoranza curda è fuori legge e la stessa commissione elettorale è composta da uomini legati al regime. Come se ciò non bastasse,  il partito di Erdogan è anche in grado, “per sicurezza”, di fare dei brogli il giorno delle elezioni, tanto la polizia non indagherà e la commissione elettorale non li considererà. Questi sono solo alcuni esempi, ma potrei continuare fino a riempire la pagina.

In questo modo si arriva alle elezioni che, siccome vengono celebrate in modo formalmente democratico, permettono al sultano di dire che il popolo lo ha liberamente scelto.

 

Gran bazar, Istanbul

 

Nel Mondo la rielezione di Erdogan è stata vista da molti come un fatto positivo. Con quello che sta succedendo nell’area mediorientale e fra Russia e Ucraina molti temevano che anche la Turchia potesse precipitare in una fase di incertezza e di conflitto interno. Per di più, a suon di miliardi di euro dati al sultano, l’Unione Europea era riuscita a evitare che milioni di siriani emigrassero in Europa e sperava di avere ancora lo stesso interlocutore per continuare a fare così anche in futuro.

Viva quindi Erdogan! È un subdolo dittatore ma almeno lo conosciamo già e ci garantisce la stabilità che desideriamo.

Trovo questo modo di pensare molto miope. La Turchia odierna dominata dal sultano è a mio avviso un paese pericoloso che si dovrebbe il più possibile contrastare e in poche righe cercherò di spiegare il perché.

È pericoloso in primo luogo per i suoi abitanti perché cerca di portarli indietro nel tempo attraverso una regressione culturale che esaspera il nazionalismo e il fanatismo religioso. È chiaro che la Turchia non è l’Iran, ma in un certo qual modo ha già fatto diversi passi in quella direzione e con Erdogan potrebbe farne molti altri ancora. Ciò sarebbe disastroso per tutti quei giovani brillanti di cui è ricco il paese e che sperano in un futuro civile, pacifico e veramente democratico, ma che vedrebbero svanire i loro sogni e le loro speranze. Inevitabilmente, però, una Turchia di quel genere sarebbe sempre più un pericolo anche per gli equilibri internazionali, sia per i suoi vicini che per i paesi europei, perché avrebbero alle porte un paese di grosse dimensioni sempre più autoritario, non più laico ma islamico e nazionalista, dal quale molti vorrebbero fuggire, che perseguirebbe una politica repressiva in casa e aggressiva all’estero.

Bisogna dunque che l’Europa si svegli e che capisca che aiutare l’opposizione turca è nel suo interesse di lungo periodo.

Lo farà? Dubito, ma in ogni caso Inshallah.

 

PS: Un capitolo di #ColVentoInPoppa è ambientato in Turchia.

 

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