Brano estratto dal romanzo #ColVentoInPoppa

Brano estratto dal romanzo #ColVentoInPoppa

Il fuoristrada preso a noleggio a Dubai era grande e rassicurante. Ci stava di tutto: i quattro viaggiatori, i bagagli, l’acqua, la benzina e le provviste.
Al momento della partenza i ragazzi però erano tesi. C’era un che di epico in quel momento e tutti se ne rendevano conto. Quel mezzo sembrava un traghetto verso un’esperienza nuova e, forse, sconvolgente.
Stavano per lasciare un mondo a loro familiare per entrare nell’ignoto e lì il loro destino avrebbe potuto cambiare. Partirono in silenzio, rispettosi della solennità del momento, consci dell’importanza di quello che stavano per fare. Massimo era il più spavaldo, Alice la più incerta.
Il fuoristrada cominciò a viaggiare silenzioso e potente sulle larghe strade a più corsie della città e poi oltre, attraverso la periferia arsa dal sole e ancora più avanti, nella steppa che precede il deserto. Alberto guidava, Massimo faceva il navigatore, Lavinia guardava in giro curiosa e tutti e tre erano ormai a loro agio. Alice, invece, era ancora nervosa e controllava in continuazione il suo cellulare per vedere se c’era campo. Tutto quel caldo inarrestabile, quella terra arida punteggiata da pochi e sofferenti cespugli, anche la gente locale, quasi sempre di sesso maschile, e tante altre piccole cose non la rendevano tranquilla. Si era immaginata di andare in una Las Vegas araba, e in effetti fino ad allora l’aveva trovata, e, senza mai informarsi sui dettagli del viaggio, aveva prefigurato anche l’escursione nel deserto come qualcosa di artificiale, alla Disneyland, con delle piccole dune di sabbia su cui salire e un breve giro in cammello organizzato per la gioia dei turisti. Uno spettacolo divertente, insomma, innocuo e sicuro. Invece il deserto si avvicinava davvero, le case si diradavano, i beduini non erano addestrati al turismo e l’ignoto stava avanzando, affrontato solo da Alberto alla guida e da Massimo alla navigazione.
Tutto questo era per lei preoccupante e il Rub al Khali, il famigerato Grande Vuoto, il mare di sabbia, stava diventando una presenza sempre più vicina e inquietante.
Per il momento, però, non si capiva esattamente dove il vero, implacabile deserto cominciasse. La vegetazione andava infatti progressivamente diradandosi, ma non era del tutto sparita e Alice non sapeva per quanto ancora quel fragile segno di vita sarebbe durato. Intuiva già, invece, che il Grande Vuoto non sarebbe finito mai, sempre più estremo, duna dopo duna, oltre i confini politici e, probabilmente, oltre le capacità umane.
Massimo nel frattempo intratteneva Alberto e Lavinia spiegando le meraviglie di quell’inquietante deserto. Parlava di aree estremamente aride, di dune color cannella alte centinaia di metri e degli animali che incredibilmente riuscivano comunque a sopravviverci e insisteva anche sul fatto che il Grande Vuoto era fino a oggi in buona parte ancora inesplorato. Alice, invece, non riusciva a seguire e, man mano che si proseguiva verso il Grande Vuoto, soffriva sempre di più. Per lei il Rub al Khali stava diventando uno stato dell’anima – il senso dell’incertezza, dell’insicurezza e anche della solitudine –, qualcosa che in Via Moscova aveva provato nell’assenza dei genitori ma che aveva vinto riempiendosi di oggetti. Il vuoto del deserto era però la negazione di ogni oggetto e Alice era sempre più avvolta da una sensazione di paura.
Aveva partecipato al viaggio ed era venuta fin lì per divertirsi, non per soffrire. Questo concetto le era sempre stato molto chiaro, ma ora il sedile sembrava scottarle sempre di più sotto il sedere mentre il disagio cresceva in lei a ogni cespuglio in meno, di fronte alle case sempre più rade e ai cammelli sempre più solitari.

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